EFT e scienza – Seconda parte

EFT e Scienza tapping

Gli effetti benefici del tapping sulla regolazione dello stress

Nel precedente articolo (EFT e Scienza – Prima parte) abbiamo parlato di come il tapping agisca a livello meccanico-fisico inviando segnali elettromagnetici al cervello e aiutandolo a ritornare in equilibrio.

Oggi voglio affrontare un secondo aspetto, correlato al primo, che viene chiamato in causa da questa tecnica tanto efficace quanto non invasiva: la stimolazione applicata dal tapping su alcuni punti di agopuntura e i suoi effetti sul sistema nervoso limbico e quindi sullo stress.

Il picchiettamento o tapping avviene per l’appunto in punti ben precisi che corrispondono alle terminazioni dei principali meridiani, ovvero ai punti di agopuntura iniziali o finali posti sui meridiani della Medicina Tradizionale Cinese.

Quello che la scienza ha dimostrato è come la stimolazione di questi punti abbia un effetto calmante sull’amigdala, che a sua volta è correlata al funzionamento del nostro “cervello emotivo” o mesencefalo.

I nostri cinque cervelli

Prima di approfondire i risultati delle ricerche correlate al tapping mi sembra opportuno fare una breve premessa sulle parti che compongono il nostro cervello.

Gli studi neuro-scientifici hanno dimostrato che il nostro cervello è costituito da tre componenti distinte, nate in momenti diversi dell’evoluzione della nostra specie; queste si sono stratificate nel nostro encefalo ed entrano in azione a seconda delle circostanze.

Il cervello rettiliano o primitivo, il più antico e per questo responsabile delle nostre risposte di difesa che si rifanno alla necessità più arcaiche di sopravvivenza, sovraintende alle nostre funzioni vitali. È la sede degli istinti primari, delle funzioni corporee autonome, dei comportamenti che riguardano l’accoppiamento e le gerarchie sociali.

Detto anche R-complex, si basa su meccanismi di difesa che prevedono la reazione istintiva di attacco, difesa oppure paralisi; quest’ultimo, in particolare, può comportare dei rischi: se di fronte al pericolo ci si immobilizza sperando che questo passi, esso potrebbe portarci a uno stadio di morte apparente… o reale, se il pericolo sussiste.

Il secondo cervello è quello chiamato mammifero o emotivo, proprio perché si occupa della regolazione delle nostre emozioni. Si sviluppa in base all’esperienza ed è deputato al nostro benessere, perché attraverso l’esperienza ci permette di classificare gli eventi in buoni o cattivi per permetterci di sopravvivere. Per questo, di fronte a situazioni che in passato hanno rappresentato un trauma – emotivo o fisico – l’amigdala risponde in modo immediato, attivando un atteggiamento difensivo.

i tre cervelli

I tre cervelli

Se i primi due cervelli sono estremamente reattivi, è compito del terzo cervello, quello superiore e più evoluto, regolare e coordinare le risposte dei primi due, impedendoci le continue reazioni veloci e grossolane indotte dai primi due cervelli. Detto cervello neo-corticale, è la parte del cervello che ci differenzia dagli altri esseri viventi; è la sede delle funzioni cognitive e razionali, che si occupano della programmazione, della pianificazione, della previsione, della comprensione empatica, della concezione del tempo e dello spazio, dell’inibizione delle azioni inappropriate. È come un freno che disinnesca il pilota automatico e che ci consente di stare più in relazione con gli altri tenendo a bada i nostri impulsi.

Oltre a queste tre componenti, è importante ricordare che esistono altre due colonie neuronali importanti: quelle presenti nell’intestino, che non a caso viene chiamato il nostro secondo cervello. Sono infine state scoperte cellule neuronali in grandi quantità anche nel cuore, tanto che si è arrivati a sostenere che il nostro primo cervello sia proprio il cuore e non l’encefalo, con un ribaltamento radicale delle credenze secolari e in modo non dissimile dalla definizione che ne davano gli antichi cinesi, che identificavano cuore e mente come una sola cosa.

Il cervello emotivo

Torniamo alle funzioni del cervello emotivo e alla correlazione tra il suo funzionamento e il tapping.

Il cervello emotivo è la parte del cervello che agisce come una sentinella, avvisando il resto del cervello e del corpo quando qualcosa intorno a noi viene percepito come pericoloso o è una potenziale minaccia per la nostra sicurezza e il nostro benessere. Quando il nostro cervello e il nostro corpo percepiscono la minaccia, che si tratti di una persona arrabbiata che urla o che brandisce una mazza da baseball o un cane ringhiante che si avvicina alla nostra strada, risponde rapidamente attivando il cervello rettili ano, ponendoci in modalità di combattimento o fuga (fight or flight).

Capita che di fronte a una situazione traumatica o pericolosa, pur arrivando a percepire la minaccia, la sfera cosciente e razionale del cervello si comporta come se nulla fosse. Tuttavia, anche se la mente col tempo può imparare a ignorare i segnali inviati dal cervello emotivo, il corpo non smette di inviare campanelli d’allarme e il cervello emotivo continua a svolgere la sua funzione.

L’amigdala è la ghiandola deputata alla produzione degli ormoni dello stress come l’adrenalina e il cortisolo che mobilitano le nostre risorse fisiche per sopravvivere all’imminente minaccia.

I problemi insorgono quando, come al giorno d’oggi, lo stress porta a una produzione eccessiva e continuativa di questi due ormoni, che invece di aiutarci ci conducono verso uno stato infiammatorio cronico.

Gli studi scientifici sul tapping

Tra i pionieri nel campo della ricerca scientifica sul tapping sono gli psicologi David Feinstein, Peta Stapleton e Dawson Church, ma ora l’interesse dei ricercatori si sta allargando e persino la Harvard University Medical School ha svolto una ricerca, poi pubblicata sul Journal of Nervous and Mental Disease, in cui si esploravano i risultati fisiologici della stimolazione di alcuni punti di agopuntura.

È stato documentato che quando vengono stimolati e attivati alcuni punti di agopuntura si ha un effetto calmante sull’amigdala, con una riduzione del 24% dei livelli di cortisolo. Questo risultato è di gran lunga migliore rispetto ad altre tecniche terapeutiche messe a confronto nello studio.

Tale risultato basterebbe di per sé a far capire quale sia il potenziale dell’EFT nell’aiutare a ridurre il carico di stress sui nostri corpi e quali siano gli effetti sul nostro benessere fisico e mentale.

La vita moderna è caratterizzata da un livello di stress costante, che porta con sé un eccitamento cronico e persistente e una sovrapproduzione di cortisolo. Questo fa sì che una situazione che altri potrebbero considerare di normale stress (per esempio una sfuriata del capo) ci porti ad avere una reazione eccessiva: il cervello la associa a una situazione simile in cui si siamo dovuti attivare per difenderci o nasconderci.

Questo meccanismo a sua volta comporta un innalzamento dello stress e innesca un circolo vizioso da cui non riusciamo a uscire proprio perché si basa su reazioni primordiali, quelle del cervello emotivo.

Il tapping sembra desensibilizzare il segnale di allarme dell’amigdala e ridurre i livelli di ormone dello stress in modo che il corpo non debba entrare in uno stato di iper-eccitazione e invece possa rispondere in modo appropriato ai dettagli della situazione.

Church, Yount e Brooks nel 2012 hanno dimostrato nella loro ricerca The Effect of Emotional Freedom Techniques on Stress Biochemistry una riduzione del 24% dei livelli di cortisolo immediatamente dopo una sessione di EFT.

Da soli tali risultati basterebbero a dimostrare la validità di questa tecnica e l’opportunità della sua introduzione anche all’interno delle terapie riconosciute in ambito clinico, ma sappiamo che la strada in tal senso è ancora lunga.

Nel prossimo articolo vi parlerò di un altro importante aspetto dell’EFT, quello legato alla verbalizzazione che si accompagna al picchiettamento.

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